Gli scavi dell’Università di Pisa e della Scuola Normale Superiore di Pisa nel santuario di Punta Stilo a Kaulonia (Monasterace Marina, RC): la campagna del 2011.

Gli scavi dell’Università di Pisa e della Scuola Normale Superiore di Pisa nel santuario di Punta Stilo a Kaulonia (Monasterace Marina, RC): la campagna del 2011.

 

Gli scavi dell’Università di Pisa e della Scuola Normale Superiore di Pisa nel santuario di Punta Stilo a Kaulonia (Monasterace Marina, RC): la campagna del 2011.

 

L’équipe pisana dell’Università e della Scuola Normale Superiore – diretta dalla Prof.ssa M. Cecilia Parra, ordinario di Archeologia della Magna Grecia presso l’Università toscana - ha da poco concluso la tredicesima campagna di scavi archeologici nel santuario di Punta Stilo a Monasterace Marina, laddove il grande archeologo roveretano Paolo Orsi individuò agli inizi del ‘900 il sito della colonia achea di Kaulonia. Studenti, laureandi, specializzandi e dottorandi hanno condotto le ricerche sul campo e le successive operazioni preliminari allo studio dei materiali rinvenuti.

L’area del santuario, ubicato nei pressi dell’antico promontorio Cocinto – ora sommerso, ma un tempo importante punto di riferimento delle rotte lungo le coste ioniche della Magna Grecia -, conobbe forme di frequentazione a carattere sacro fin dall’VIII sec. a.C., in epoca cioè precedente allo stanziamento stabile e organizzato della colonia. Ma a partire dalla metà almeno del VII sec. a.C. il santuario fu oggetto di interventi di monumentalizzazione a carattere stabile, che andarono assumendo forme più articolate nel corso del VI sec. a.C., quando dovettero essere costruiti i primi edifici di culto, a noi noti solo da disiecta membra (frammenti architettonici sparsi, tratti di muri rasati e/o inglobati in strutture successive ecc.).

Nella prima metà del V sec. a.C. il santuario conobbe una ampia e radicale trasformazione in termini monumentali, che vide tra l’atro la costruzione del noto tempio dorico scavato da Paolo Orsi, edificato tra il 480 e il 460 a.C. su una terrazza dominante la costa e l’approdo presso il promontorio Cocinto.

Quest’anno le indagini – che già negli anni passati avevano condotto a definire la fisionomia del santuario nelle sue principali fasi di sviluppo monumentale e di articolazione cultuale, permettendo anche l’attribuzione ad Afrodite del contesto sacro, in base a significative testimonianze epigrafiche – si sono concentrate in due settori, che hanno restituito sia conferme che novità rispetto alle indagini pregresse.

All’estremità meridionale dell’area è stato nuovamente indagato uno degli ingressi alla città e al santuario, già noto in modo sommario da piccoli e poco leggibili saggi del secolo scorso: una porta urbica, costruita nei decenni finali del VI sec. a.C. e utilizzata solo fino alla fase di maggiore sviluppo del santuario (prima metà del V sec. a.C.), quando l’accesso fu chiuso e ‘colmato’. Si è inoltre verificata, con nuove ed eloquenti acquisizioni, la presenza in questo settore di un’area destinata ad attività artigianali per la produzione di ex voto in bronzo e di ceramiche destinati alla circolazione interna al santuario. Ulteriori indagini in profondità hanno permesso di accertare la presenza in questo settore di strutture di planimetria ancora imprecisata, ma certamente di epoca arcaica: ad una è attribuibile un frammento di gorgoneion di coppo maestro, di circa cm 25 di diametro, databile intorno alla metà del VI sec. a.C.

In un altro settore più prossimo al tempio dorico, lo scavo ha restituito interessantissimi dati riferibili in particolare alla fase di vita arcaica e tardoarcaica del santuario: dati eloquenti circa forme di religiosità quotidiana. Sono stati riportati in luce infatti molti segnacoli di varia forma, infissi nel terreno per segnalare luoghi di offerte: cippi singoli, piccoli recinti circolari di cippi, tavole in pietra per offerte circondate da cippi. Accanto ad essi, un grande cippo, alto circa 80 cm, reca sulla faccia rivolta verso il mare un’unica parola iscritta, in cui si deve forse leggere un’indicazione esplicita della sacralità di quell’area del santuario in cui si praticavano atti devozionali, per distinguerla forse da altre aree limitrofe destinate invece ad attività ‘profane’, quali quelle artigianali.

Siamo di fronte cioè ad un altro dei rinvenimenti ormai numerosi, che permettono di conoscere il santuario di Punta Stilo a Kaulonia anche sotto aspetti di vita ‘comune’, sia cultuale che artigianale: molti sono già stati resi noti nelle pubblicazioni dedicate al santuario, molte delle quali realizzate presso le Edizioni della Scuola Normale Superiore di Pisa a cura della Prof.ssa M. Cecilia Parra e dei suoi collaboratori

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